Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 13 maggio 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Primo intervento sul cervello in utero: operata una malformazione VOGM. Le malformazioni cerebrovascolari VOGM (vein of Galen malformation), presenti in misura di 1 su 60.000 nascite (AHA), determinano un grave peggioramento dopo la nascita, per questo è stato definito un protocollo di intervento sperimentale trans-uterino per 20 casi: Darren Orbach, condirettore del Centro di Chirurgia Cerebrovascolare del Boston Children’s Hospital, ha operato Denver Coleman a 34 settimane e due giorni di gestazione – primo caso al mondo – dopo la diagnosi ecografica di VOGM alla trentesima settimana. L’intervento è perfettamente riuscito, la bambina è in condizioni fisiologiche ottimali e non è stato necessario istituire alcun trattamento farmacologico. La pre-pubblicazione online di questi giorni è su Stroke. [Fonte: Darren Orbach for LiveScience May 6, 2023].

 

Finita l’emergenza mondiale, ma SARS-CoV-2 continua a mutare e mietere vittime. La dichiarazione di fine emergenza straordinaria negli USA è dello scorso giovedì 11 maggio, mentre la WHO l’ha anticipata al 5 maggio, come termine della PHEIC, ossia il più alto livello di allarme previsto. Ma Tedros Ghebreyesus, il direttore generale della WHO, ha raccomandato di monitorare con attenzione la malattia mediante gli apparati di sorveglianza, con l’esecuzione di tamponi diagnostici e isolamento degli affetti, conservando atteggiamenti di protezione personale, soprattutto per le categorie a rischio. Si registra ancora la morte di 10.000 persone al giorno e si stima che il numero reale sia almeno triplo; in massima parte le persone decedute hanno più di 65 anni. Alla conferenza stampa di annuncio, Tedros Ghebreyesus ha dichiarato: “La cosa peggiore che un paese possa fare ora è usare questa notizia come scusa per abbassare la guardia”.

Dall’inizio della pandemia, la WHO ha registrato circa 7 milioni di decessi da COVID-19 e stima che il numero reale possa essere intorno ai 20 milioni. Ghebreyesus ha ricordato che nella settimana fino al 5 maggio l’infezione da SARS-CoV-2 portava via una vita ogni tre minuti, solo per quanto ne sappiamo.

La nostra società scientifica raccomanda ancora prudenza e adozione di tutte le precauzioni ordinarie per ridurre la diffusione del contagio. [Fonti: WHO e BM&L-International, May, 2023].

 

Gli organoidi cerebrali umani potrebbero essere riconosciuti come persone? Allo stato attuale delle possibilità della ricerca, gli organoidi cerebrali mancano ancora di troppi requisiti perché si possa immaginare che una loro crescita guidata da perfetti piani di sviluppo tridimensionale microscopico e d’insieme possa generare veri e propri cervelli; tuttavia, questo traguardo è all’orizzonte di progetti futuri e, prima che si giunga a poter riprodurre in laboratorio un cervello umano, sarebbe opportuno disporre di un preciso quadro normativo, che preveda tutti gli aspetti più delicati e inquietanti cui si dovrà far fronte in futuro. Masanori Kataoka e colleghi hanno affrontato questo tema, avviando il dibattito nella comunità scientifica internazionale. [Cfr. Journal of Law and the Biosciences 10 (1): lsad007, J.-June 2023].

 

Come il fattore di trascrizione intestinale ATF4 si lega a stress e depressione da stress. Molti studi indagano i meccanismi molecolari che, attraverso l’asse intestino-cervello, contribuiscono alla genesi di disturbi da stress e depressione. Feixiang Yuan e colleghi hanno accertato che ATF4 (activating transcription factor 4) dell’epitelio intestinale ha un ruolo importante nei comportamenti indotti da stress. Nel topo, lo stress cronico causa un deficit di ATF4 intestinale, che riduce i livelli di TFF3, che a sua volta attiva i neuroni glutammatergici paraventricolari del talamo per influenzare i comportamenti associati a stress. L’iniezione di TFF3 corregge le manifestazioni da stress nei topi knockout per ATF4. [Cfr. Yuan F., et al. PNAS USA – AOP doi: 10.1073/pnas.2215590120, 2023].

 

Demenza Fronto-Temporale (FTD) e Demenza a Corpi di Levy (LBD): nuovi geni di rischio. Una delezione in TPCN1 identificata come nuovo locus di rischio per la LBD; confermate le varianti di C9orf72 e MAPT quali alleli di rischio patogenetico per FTD/ALS, accanto a nuove varianti patogeniche rare, individuate sia per FTD che per LBD, in un nuovo studio condotto da Karri Kaivola e colleghi. [Cfr. Kaivola K., et al. Cell Genomics 3, 100316, June, 2023].

 

Intelligenza Artificiale (AI): Nuove applicazioni del generatore di immagini da testi. I generatori di immagini da testi come DALL-E2, presentato per la prima volta nel luglio 2022, possono generare centinaia di milioni di immagini catturate per illustrare dei testi e fornire suggerimenti non solo ad artisti e urbanisti per realizzare idee ferme allo stadio di nucleo concettuale privo di dimensione spaziale e materiale, ma anche per supportare la chirurgia ricostruttiva. Secondo Mark Chen, il principale ricercatore del progetto DALL-E2, i generatori di immagini costituiscono la più stimolante delle nuove tecnologie AI dal tempo della traduzione delle lingue naturali. [Brain, Mind & Life International, May 2023].

 

Appunti di storia del tatuaggio e ragioni del suo rifiuto da parte delle maggiori civiltà. James Cook, un giovane tenente di vascello con competenze di matematica e cartografia fu incaricato da Re Giorgio III di guidare una spedizione diretta nel Pacifico meridionale e organizzata dalla Royal Society e dalla Royal Navy, allo scopo di osservare il transito di Venere davanti al Sole e, soprattutto, di trovare prove dell’esistenza della Terra Australis Incognita. La missione, che durò dal 1768 al 1771, passò alla storia come primo viaggio di James Cook. Leggiamo un brano dal giornale di bordo di Cook, del luglio 1769: “Uomini e donne si dipingono il corpo (tattow come lo chiamano) facendo penetrare del colore nero sotto la pelle in modo che rimanga indelebile. Qualcuno reca sul corpo figure umane, uccelli o cani, le donne di norma hanno semplicemente un segno simile alla lettera Z su ogni giuntura delle dita dei piedi e delle mani; anche gli uomini ce l’anno, e le une e gli altri portano sulle gambe e sulle braccia varie figure come circoli concentrici ed altro. In breve, questi disegni sono così vari, sia per la quantità che per le posizioni in cui vengono eseguiti, che si può dire dipendano interamente dal gusto di ciascun individuo”[1].

Questo è probabilmente il resoconto più noto della pratica tribale del tatuaggio in epoca moderna, ed evidenzia la totale mancanza di conoscenza della cultura di queste popolazioni dell’emisfero australe da parte di James Cook, che considera i tatuaggi dettati da gusto e capriccio, mentre oggi sappiamo che quelle figurazioni obbedivano ad una grammatica dei tempi e dei luoghi, modulatrice dei significati conferiti dal valore simbolico sostenuto dalle credenze.

Per tatuaggio, come è noto, si intende una “alterazione artificiale permanente dei tessuti cutanei, diffusa presso molte popolazioni, sia in connessione con le iniziazioni puberali sia a puro fine ornamentale” (Treccani). Il termine è entrato nel lessico comune attraverso gli studi antropologici, che hanno diffuso forme verbali adattate nella lingua degli antropologi della parola tahitiana tatau, che significa «incidere, colorare la pelle». Da un punto di vista tipologico si distinguono due grandi categorie in rapporto alla tecnica di esecuzione: tatuaggio per puntura, ottenuto mediante l’introduzione nella soluzione di continuità cutanea di un pigmento di colore bluastro o di altra tinta (diffuso in Polinesia, Africa settentrionale e India); tatuaggio per cicatrici o scarificazione, ottenuto mediante profonde incisioni della pelle del corpo o del viso, con l’introduzione nella ferita di sostanze che ne ritardano la cicatrizzazione, aumentando il volume delle cicatrici stesse (Treccani).

Lo studio delle iscrizioni corporali ha decifrato i criteri adottati, prima ancora dei significati simbolici: ogni sistema di iscrizioni prevede alcuni segni basilari, che coincidono con i marchi dell’ingresso nella comunità e dell’appartenenza a sezioni o gruppi all’interno dell’insieme comunitario; a questi si aggiungono i tatuaggi specifici della storia del singolo, delle sue imprese e delle sue vicende; infine, vi sono scritture votive, protettrici o guaritrici.

Colpiscono le profonde ferite lasciate dai violenti riti di iniziazione sul corpo degli Indiani delle Pianure. È interessante notare come in certe realtà tribali si sia progressivamente evoluta la protezione da stati di necessità, pericoli e malattie, inizialmente affidata a tatuaggi e poi trasferita ad amuleti da portare addosso, liberando la superficie cutanea dall’obbligo all’indelebile marchiatura[2].

Fin dalle epoche più remote, come si è compreso da studi paleografici e archeologici, nelle antiche civiltà è stato connotato negativamente il tatuaggio, quale retaggio di una concezione rozza, primitiva e animalesca della persona umana e, pertanto, si tatuavano i nemici catturati, risparmiati e ridotti in schiavitù per segnalarne l’appartenenza, come si faceva per il bestiame, e i delinquenti recidivi, perché potessero essere riconosciuti ed evitati.

Nelle antiche civiltà del Bacino del Mediterraneo, le autorità intendevano proteggere le persone oneste e ignare o, come diremmo oggi, la società civile dal rischio di diventare vittima dei crimini dei pregiudicati, mediante lo stigma, che consiste in genere in un tatuaggio indelebile su una parte esposta della superficie cutanea, che diventerà, presso altri popoli nei secoli seguenti, o anche oltre un millennio dopo, il marchio del boia. Presso i Greci, veniva stigmatizzato il ladro fuggitivo col tatuaggio della lettera “delta”, iniziale di drapétes, ossia “il fuggiasco”, impressa a fuoco sulla fronte; il traditore veniva contrassegnato col “segno della volpe”, la lettera d’infamia.

Gli schiavi, presso alcuni popoli, erano tatuati dai padroni con la stessa procedura e gli stessi contrassegni di proprietà adottati per il bestiame, per segnalare alla comunità che si trattava di “beni posseduti” da quel particolare proprietario e non di donne e uomini liberi[3].

Nel 539 a.C., nella notte tra il 5 e il 6 di ottobre, Ciro il Grande conquista la città di Babilonia ponendo fine all’Impero neo-babilonese o caldeo (626-539 a.C.), dove si parlava e si scriveva un idioma accadico. Una tavoletta babilonese, proprio del 539 a.C., parla di una schiava del Tempio di Istar[4] a Uruk, su una cui mano era stata tatuata la scritta: “per Nanaya e Istar di Uruk”[5].

È importante conoscere questo uso del tatuaggio perché, seguendo questo filo di senso nella diacronia storica, si giunge fino all’epoca contemporanea. Infatti, la cultura greca, che esprimeva la massima attenzione per il corpo con le sue pratiche igienistico-mediche e atletico-estetiche, considerava irrazionale e barbara la deturpazione permanente della superficie corporea, oltre che pericolosa, perché il danno della pelle poteva “indebolire l’organismo”[6]. I Romani aborrivano il cattivo gusto del tatuaggio e la loro cultura, profondamente ellenizzata, conservava una sensibilità naturale tendenzialmente avversa ad artifici fisici.

Il tatuaggio riscoperto da Cook, poco per volta scompare come pratica tribale priva di senso col progredire della civilizzazione di quei popoli. Dunque, rimane l’uso come marchio di infamia impresso quale esecuzione di una condanna, secondo una pratica molto diffusa nel XVII secolo e ancora in auge nel XIX, quando Alessandro Dumas la menziona come timbro del boia sul corpo di Milady, personaggio antagonista dei tre moschettieri; alcuni autori citano in proposito la Lettera scarlatta o Purple letter di Nathaniel Hawthorne, ma in quel caso la lettera “A” di “adultera”, che esponeva la protagonista alla pubblica deprecazione, non era un tatuaggio.

Nel Novecento, il marchio con una lettera è legato alle pagine più nere della storia: la persecuzione nazista degli Ebrei, marcati con la “J” per Jude, e da parte del movimento croato ustascia di Ante Pavlevic, alleato di fascisti e nazisti, che li contrassegnava la “Z” di Zidov, il termine serbocroato per Ebreo.

Negli anni seguenti, la pratica del tatuaggio è rimasta molto strettamente legata al crimine organizzato e più in generale alla delinquenza: in Italia, il tatuarsi è stato ed è tuttora legato alla permanenza a scontare lunghe pene in carcere per gravi delitti; i pregiudicati esibivano d’estate disegni e scritte cutanee spesso con orgoglio, allo scopo di intimorire i rivali. Quando negli anni Ottanta cominciarono a diffondersi fra gli sportivi, particolarmente nella lotta, alcune associazioni sportive li proibirono proprio per il consolidato legame nell’immaginario collettivo con la delinquenza.

Un altro fattore che aveva limitato la diffusione dei tatuaggi negli ultimi decenni del Novecento – abbiamo in particolare notizie per gli USA e per l’Italia – era l’atteggiamento di rispetto del corpo direttamente ispirato o indirettamente influenzato dalla cultura cristiana.

Per i cristiani il corpo è tempio dello spirito e, in quanto tale, va rispettato: il corpo viene consacrato insieme con lo spirito nel sacramento del matrimonio; Gesù guarisce il corpo degli ammalati e monda la loro anima; il corpo mortale risorgerà ricongiungendosi all’anima e, per questo, gli si dà cristiana sepoltura. La vita è un dono divino e il corpo ne è la parte visibile: il rispetto del corpo è rispetto della vita e il rispetto della vita è rispetto di Dio; il corpo non è un oggetto da usare, ma la carne dell’anima, ossia materia vivente che ritornerà viva per ricongiungersi a Dio dopo la morte, se non avrà scelto la separazione del peccato con la fine eterna.

Ma negli ultimi due decenni la moda – una moda che non passa più, a differenza della maggior parte delle tendenze che durano qualche stagione – ha cancellato il gusto e la sensibilità greco-romana, due millenni di concezione cristiana e l’abitudine civile e razionale a esercitare una riflessione critica individuale prima di aderire ciecamente agli imperativi della voga. [BM&L-Italia, maggio 2023].

 

La mente medievale alle origini del mentale moderno e contemporaneo (XVI) è una tematica che stiamo sviluppando al Seminario sull’Arte del Vivere (v. Note e Notizie 21-01-23 Notule; Note e Notizie 28-01-23 Notule; Note e Notizie 04-02-23 Notule; Note e Notizie 11-02-23 Notule; Note e Notizie 18-02-23 Notule; Note e Notizie 25-02-23 Notule; Note e Notizie 04-03-23 Notule; Note e Notizie 11-03-23; Note e Notizie 18-03-23 Notule; Note e Notizie 25-03-23 Notule; Note e Notizie 01-04-23 Notule; Note e Notizie 15-04-23; Note e Notizie 22-04-23; Note e Notizie 29-04-23; Note e Notizie 06-05-23) per spunti settimanali di riflessione e discussione: qui di seguito si riportano quelli del sedicesimo incontro.

“Complicato” è l’aggettivo più appropriato per descrivere l’impressione che suscita in noi il mondo medievale nella sua organizzazione sociale e politica in Europa: si dice complessa una struttura che, pur articolata in modo non semplice, possa ricondursi ad uno schema complessivo; in questo caso rileviamo un’eterogeneità in parte riconducibile a sistemi, quali il sistema feudale, il sistema regale, il sistema ecclesiastico, in parte riconducibile a realtà di poteri economico-politici locali interconnessi in modo spesso non decifrabile. Una parte della difficoltà di decifrazione sicuramente deriva dall’esistenza di una miriade di realtà, estesa dalle grandi fazioni in lotta alle singole famiglie armate l’una contro l’altra, portatrici di visioni differenti e contrastanti dell’ordine sociale e del potere personale, che si alternano nel prevalere e nel soccombere.

Cerchiamo allora un filo di Arianna in questo labirinto, in cui dei contadini per valore militare diventano cavalieri e, attraverso il cavalierato possono sposare figlie di nobili, ossia discendenti di antichi romani, e abitare in un castello, ma poi ritornare contadini perché il castello viene conquistato da armati di una fazione contraria a quella del nobile suocero. Un filo ci viene offerto da Jacques Le Goff: “Il feudalesimo è il trionfo della regionalizzazione, della dispersione locale dei poteri. Due fenomeni completano e correggono questo processo di feudalizzazione. Il primo è la fioritura urbana che ha luogo tra il X e il XIV secolo. […] Il secondo è la rinascita della potenza pubblica, dell’ascesa delle monarchie e la lenta genesi degli Stati moderni secondo due modelli: il modello monarchico (in Inghilterra, in Francia, nella penisola iberica, nella monarchia pontificia) e il modello della Città-Stato (in Italia e, in minor misura, in Germania)”[7].

Questi due modelli non hanno in comune solo la centralizzazione del potere ma anche la sua fondazione nella cultura: una differenza importante col sistema feudale rurale che è centrato sul potere delle armi. Le città italiane riconoscono all’arte un valore superiore alla ricchezza e saranno le prime e le più numerose sedi di università. Nelle campagne, dove l’analfabetismo è la regola, per secoli le persone pur dotate di talento rimangono asservite e legate al destino sociale dei laboratores. Solo quando gli artigiani rurali costituiranno “società di villaggio” ci sarà speranza per il fabbro e il mugnaio di essere chiamati “messeri”. Al contrario, nella realtà urbana un povero, anche un orfano allevato da religiosi, se è dotato di talento artistico e diventa pittore, può partecipare al governo della città.

Dunque, in questi due modelli di centralizzazione dell’amministrazione fondata sulla cultura, si sviluppa una nuova gerarchia sociale non pianificata, che sfugge in parte alle strutture feudali. “E tuttavia – precisa Le Goff – la monarchia e la Città-Stato (questa in minor misura di quella) giocano su entrambi i tavoli: quello pubblico e quello feudale”[8].

Questa chiave di lettura, soprattutto se la integriamo con quella della dicotomia cristiano-barbara dell’incontro precedente, contribuisce a chiarire alcune apparenti incongruità e contraddizioni che rileviamo nelle narrazioni di fatti di quell’epoca.

Ma se vogliamo comprendere come sia possibile che, cittadini della penisola e monarchici francesi, da una parte accomunino nello stesso disprezzo feudatari e contadini, considerandoli villani, e dall’altra si fregino di riconoscimenti nella scala di valori feudali, dobbiamo tener conto dell’evoluzione dei rapporti politici così sintetizzata da Jacques Le Goff:

“Dopo aver resistito alla feudalizzazione insistendo sul carattere unico, superiore, quasi sacro della monarchia, e aver fatto della curia reale un centro di potere e di promozione sociale sempre più importante, le monarchie sfruttano fino in fondo i vantaggi che il sistema feudale può offrire al re in quanto signore supremo, in quanto sovrano. A partire dal Duecento, è realmente possibile parlare di monarchia feudale in Inghilterra, in Francia e in Aragona-Catalogna, nonché per il papato e per il regno latino di Gerusalemme”[9].

Ma, prima di arrivare all’epoca delle monarchie feudali, uno dei grandi problemi sommersi sotto il livello della coscienza storica, in una società in apparenza monoculturale perché ufficialmente tutta cristiana, è dato dalle innumerevoli rappresentazioni soggettive del mondo circostante, spesso caratterizzate in Italia come immaginario sociale di una tradizione familiare, di una fazione, di una consorteria, di un’alleanza, di un’Arte – come paradigmaticamente avveniva a Firenze – in contrasto e conflitto con altre rappresentazioni, e da non pochi vissuto quale scopo ideale da realizzare, stabilendo un nuovo ordine sociale entro cui collocarsi come monarca assoluto o profeta del bene. Anche se alle nostre orecchie questo programma suona più come un sogno d’infanzia che come un entusiastico slancio giovanile, l’idea di conquistare cuori, terre e fama in sella a un destriero e con la spada in pugno era così frequente da aver costituito un prototipo letterario.

Il lento, lungo e imperfetto processo di cristianizzazione di Franchi, Burgundi e altri Goti, continua ad essere al centro del nostro interesse, perché la sua scoperta, la riscoperta, la rilettura e le possibili analisi interpretative sono ancora poco note e promettono di ridefinire alcuni stereotipi e concetti consolidati sulla società medievale. Un grande ostacolo alla presa sulle coscienze, la spiritualità cristiana lo incontrò nel campo della morale sessuale dei barbari: il peccato originale come trasgressione al divieto divino di congiungersi carnalmente era inconcepibile per quei popoli e, sebbene la maggioranza avesse accettato da tempo il sacramento del battesimo, la castità, la gravità del peccato-reato di adulterio e la completa astensione dalle pratiche sessuali di tradizione tribale, erano rifiutate nella sostanza. Pertanto, la Chiesa cercava di inculcare questi principi attraverso una maggiore severità penitenziale per tali peccati.

Era costume di questi popoli nordeuropei che una coppia di innamorati, di fronte all’opposizione dei genitori alla loro unione sacramentale in matrimonio, inscenasse un rapimento della ragazza da parte del ragazzo[10]. La coppia, dopo aver consumato, si presentava all’autorità ecclesiale della propria comunità parrocchiale dichiarandosi pentita, e chiedeva di poter convolare a nozze. La Chiesa considerava l’accordo reciproco una ragione necessaria e sufficiente alla celebrazione sacramentale, diventando così alleata dei giovani la cui unione era osteggiata dai familiari.

Ma spesso si trattava di rapimenti veri con lo stupro della ragazza. A volte erano atti delinquenziali gratuiti, altre volte un mezzo per obbligare al consenso la giovane. La Chiesa allora cominciò a indagare per scoprire se la fanciulla rapita fosse ancora sotto minaccia e di fatto non consenziente. La comunità cristiana prese a intervenire sistematicamente in difesa e in aiuto della rapita, stabilendo che il rapitore doveva rendere conto alla comunità del suo operato. Nel Nord della Gallia comparve un’usanza quantomeno curiosa, detta Stefgang[11]. Si trattava di un vero e proprio rito pubblico. In breve, quando le famiglie di due giovani fuggiti non concordavano sulla natura della fuga e, in particolare, se si fosse trattato di un rapimento per ottenere un rapporto sessuale non consenziente o se la fanciulla amasse il giovane e lo volesse quale marito, si allestiva una scena simbolica di grande potenza drammatica: si piantavano in terra due grandi pali a una discreta distanza tra loro e dietro ciascuno dei due si collocavano i membri delle due parentele; la ragazza era invitata a porsi nel mezzo e, al culmine del rito, doveva scegliere se dirigersi verso la propria famiglia o verso quella del ragazzo[12]. Se sceglieva la propria famiglia, il giovane veniva arrestato e doveva pagare l’ammenda per ratto o stupro; se sceglieva quella del ragazzo, allora tutti i presenti avviavano i festeggiamenti per le nozze.

Michel Rouche sottolinea due aspetti di questo rito laico: la necessità della pubblica testimonianza dell’esistenza del consenso e l’autonoma decisione della ragazza circa la propria vita, che Rouche definisce “un primo passo verso una certa uguaglianza”[13]. [BM&L-Italia, maggio 2023].

 

Notule

BM&L-13 maggio 2023

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] James Cook, Journals. J. C. Beaglehole, I, Hakluyt Society L 1961, 19692. Un compagno di viaggio di Cook, S. Parkinson, annota nel suo diario come lui ed altri si fossero fatti per prova segnare un braccio.

[2] Cfr. Giorgio Raimondo Cardona, Storia Universale della Scrittura, p. 80. CDE (licenza Mondadori), Milano 1987.

[3] Cfr. Giorgio Raimondo Cardona, op. cit., idem.

[4] Ištar o Ishtar è il nome semitico della dea sumerica Innin, Inanna (da Ninannak o Ninanna, ovvero “signora del cielo”), considerata la più importante divinità femminile mesopotamica. La città di Uruk era il centro del suo culto, dove era sito il suo famoso tempio detto “casa del cielo”.

[5] Cfr. Giorgio Raimondo Cardona, op. cit., idem.

[6] I medici ippocratici non conoscevano gli agenti patogeni microbiologici, ma l’osservazione delle ferite aveva insegnato loro che la soluzione di continuità cutanea poteva portare gravi conseguenze con febbre e complicanze locali (infezione). La pelle per i Greci doveva essere rispettata e, se esposta, protetta sempre con olii.

[7] Jacques Le Goff, Il Medioevo – Alle origini dell’identità europea, pp. 28-29, Editori Laterza, Roma-Bari 2002.

[8] Jacques Le Goff, op. cit., p. 29.

[9] Jacques Le Goff, op. cit., pp. 29-30.

[10] È curioso notare che queste “fughe” per aggirare il mancato consenso dei genitori in Italia nel Novecento erano considerate un retaggio della sottocultura contadina meridionale.

[11] Michel Rouche, L’Alto Medioevo occidentale in La vita privata dall’Impero romano all’anno Mille (a cura di Philippe Ariès & Georges Duby) p. 404, CDE (su licenza G. Laterza e figli) Milano 1986.

[12] La concezione del matrimonio e la ritualità gallo-romana contrapposte a quelle franco-germaniche in epoca cristiana sono oggetto di un lungo elenco di studi di storia socio-antropologica, dei quali citiamo solo A. Oger-Leurent, conceptions du mariage en Gaulle aux époques mérovingienne et carolingienne: pratiques franques et doctrine chrétienne – Tesi di dottorato all’Università di Lille III, relatore prof. Michel Rouche, Lille 1984.

[13] Michel Rouche, L’Alto Medioevo occidentale, op. cit., p. 404.